salirai
La vera distanza è il tempo che passa
Una riflessione sull’incedere del tempo e dell’esistenza.
Trovare un senso…
Che impresa fragile, eppure così necessaria.
Un senso alle cose che accadono,
alle fratture che ci attraversano (suona un po’ autoironico, caro il mio astragalo!)
alle mani che si allontanano,
alle domande che restano senza risposta.
Viviamo su rotaie invisibili,
e ci chiediamo quante fermate abbia questo viaggio.
Ma forse non conta contarle.
Conta riconoscerle.
Perché ogni fermata è un varco:
una parola che cambia tutto,
un abbraccio che resta dentro per sempre,
uno sguardo che ci fa crollare o rinascere.
I treni dell’esistenza
E i treni?
Alcuni abbagliano.
Sembrano promesse.
Ma finiscono in un binario morto.
Altri, arrugginiti e lenti,
ci portano proprio dove dovevamo arrivare,
anche se non lo sapevamo.
Come riconoscerli?
Dalle vibrazioni che lasciano.
Se qualcosa ci svuota, ci spegne, ci consuma…
non è il nostro treno.
Se invece ci accende, ci nutre, ci fa tremare il cuore…
sali. Anche se fa paura.
Anche se non sai dove porterà.
La consapevolezza che brucia
Poi arriva lei: la consapevolezza.
Quella lama sottile che si fa luce,
e allo stesso tempo brucia.
Perché sapere — davvero sapere —
non è mai indolore.
Più cresci, più ti rendi conto di ciò che perdi.
Di quanto pesa ogni scelta.
Di quanto costano le verità.
E allora ti chiedi:
è davvero crescita quella che lacera?
È davvero luce quella che ti lascia senza pelle?
Sì.
Perché diventare pienamente umani
non significa essere felici sempre.
Ma essere vivi, nel modo più profondo e autentico.
La battaglia interiore
Ogni azione che conta… fa male.
Ogni passo vero… comporta un addio.
Ogni evoluzione… comporta una frattura.
E una cosa, ormai, l’ho compresa:
io per crescere davvero, per evolvermi,
ho bisogno di avvicinarmi al mio dolore più profondo.
È lì, in quel punto dove tutto trema,
che si aprono le porte della mia trasformazione.
Un po’ come i Sayan, quei guerrieri nati per combattere:
dopo ogni battaglia,
dopo ogni ferita che li lascia in fin di vita,
ne escono più forti,
non solo nel corpo — ma nello spirito.
Ed è così anche per me:
ogni caduta è una rinascita.
Ogni rottura, un potenziamento invisibile.
Ogni notte, una nuova possibilità di luce.
Il tempo: il vero spettro
E poi c’è lui.
Il tempo.
Il vero spettro.
Scivola tra le dita e non si lascia fermare.
Ti cambia, ti logora, ti toglie volti, abitudini, illusioni.
E quando credi di aver trovato un equilibrio,
lui lo sposta.
Sempre un passo più in là.
E forse è proprio il tempo,
con la sua silenziosa crudeltà,
la vera distanza tra ciò che siamo stati
e ciò che ancora cerchiamo di diventare.
Salirai – la memoria che ritorna
Ricordo che nel 2007 scrissi una canzone (link a fine pagina).
Si intitolava “Salirai”.
Avevo ventitré anni, e nel cuore un’innocenza indistruttibile.
Parlava proprio di questo:
del desiderio di partire,
di salire su quel treno chiamato vita,
senza sapere cosa ci aspettasse.
Ma con la classica spensieratezza dei vent’anni,
quella che trasforma ogni ostacolo in avventura,
ogni dolore in canzone,
ogni futuro in promessa.
Oggi…
mi domando:
E se il vero dolore non fosse un evento, una perdita, un errore…
ma semplicemente lo scorrere del tempo?
Il modo in cui ci cambia.
Il modo in cui ci ruba chi eravamo.
Il modo in cui, giorno dopo giorno,
ci lascia con gli occhi pieni di ricordi
e il cuore pieno di domande.
In fondo a quella salita
Forse, non siamo fatti per capire tutto.
Forse, siamo fatti solo per amare più forte,
per cadere meglio,
per restare umani,
nonostante tutto.
E per ricordarci — ogni tanto —
che anche salire su un treno sbagliato
può portarci esattamente
dove dovevamo arrivare.
“Giù, cado giù, sempre più giù,
in fondo a una salita che non salgo più,
in fondo ad una vita che sapore non ha…
ci vorrebbe un po’ di sale…
tu sai chi ce l’ha?”
Sono passati diciott’anni.
Eppure, spesso,
mi sento ancora lì:
in fondo a quella salita.